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Nel 2025 sono stati uccisi 67 giornalisti, quasi la metà sono morti a Gaza

ROMA (ITALPRESS) – Il giornalismo continua a pagare un prezzo altissimo per il diritto all’informazione: è quanto emerge dal rapporto appena pubblicato da Reporters Without Borders (RSF) che fotografa una situazione drammatica per la libertà di stampa e la sicurezza dei giornalisti nel 2025.

Su 67 professionisti dei media uccisi in tutto il mondo, quasi la metà — il 43% — ha trovato la morte in Gaza, colpita dalle azioni dell’esercito israeliano. La denuncia dell’organizzazione internazionale, con sede a Parigi, evidenzia come la guerra in corso nella Striscia stia producendo un bilancio umano devastante anche per chi documenta con il proprio lavoro le conseguenze del conflitto.

Secondo il rapporto, almeno 53 delle vittime appartengono a quelle che RSF definisce “pratiche criminali da parte di gruppi militari e organizzazioni criminali”. A ciò si aggiunge un dato agghiacciante: circa 220 giornalisti sarebbero stati uccisi dalle forze israeliane dal 2023, 65 dei quali presi di mira direttamente per il loro mestiere o mentre svolgevano il loro lavoro. Numeri che confermano come l’esposizione al pericolo sia diventata sistematica per i professionisti dell’informazione nella zona.

Il rapporto non si limita alla dimensione tragica degli omicidi: secondo RSF, Israele figura anche come la seconda nazione al mondo per numero di detenuti fra i giornalisti stranieri, con 20 reporter incarcerati nel 2025, oltre ai 16 già arrestati negli anni precedenti nella Striscia di Gaza e nella Cisgiordania occupata.

Fuori dal contesto mediorientale, il report denuncia l’estrema pericolosità del lavoro di cronista anche in paesi apparentemente distanti dal teatro di guerra. Il Messico è indicato come il secondo Stato più pericoloso al mondo per la stampa libera, con 9 giornalisti uccisi nel 2025; la Cina, invece, ospiterebbe la più grande prigione di giornalisti al mondo, con 121 reporter dietro le sbarre. RSF sottolinea come, in generale, i giornalisti corrono i maggiori rischi nei loro paesi d’origine: quasi tutti coloro che sono stati uccisi lo sono stati mentre svolgevano il loro lavoro a casa, tranne due casi.

Il rapporto denuncia inoltre casi egiziani di gravi violazioni dei diritti umani in corso di conflitto: in Sudan, ad esempio, le forze paramilitari hanno ucciso 4 giornalisti nel 2025, di cui due rapiti.

In Siria, rimangono ancora 37 cronisti dispersi fra prigionia del regime e sequestri da parte di gruppi come lo Stato Islamico. L’analisi di RSF offre un quadro preoccupante, che mette in allarme le istituzioni internazionali, le ong per la libertà di stampa e i governi nazionali: la protezione dei giornalisti in zone di guerra o in Paesi con forte repressione resta una priorità urgente.

Il rapporto giunge in un contesto di crescente conflittualità globale, che vede la guerra in Medio Oriente, lo scontro tra forze militari e milizie, e la repressione dei diritti civili come fenomeni interconnessi.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).