HomeSalute e BenessereSordità, dalla diagnosi precoce alle nuove frontiere della cura

Sordità, dalla diagnosi precoce alle nuove frontiere della cura

ROMA (ITALPRESS) – La sordità, o perdita dell’udito, è la riduzione parziale o totale della capacità di percepire suoni che normalmente una persona con udito normale riuscirebbe a sentire. L’alterazione può riguardare uno o entrambi gli orecchi e può avere gradi diversi: lieve, moderata, grave, fino alla perdita totale dell’udito. Si stima che circa 13 milioni di italiani convivano con un disturbo uditivo in qualche grado: quando la perdita è tale da compromettere la comunicazione, la partecipazione sociale e la qualità della vita si parla di sordità invalidante. “Per la sordità ci sono tanti sinonimi che vanno a spiegare quanto comprendiamo di quello che sentiamo: uno può sentire un rumore ma non comprendere, oppure non sentire un rumore e quindi non comprendere”, ha dichiarato Andrea Franzetti, direttore dell’unità operativa di Otorinolaringoiatria presso l’ospedale Bassini di Cinisello Balsamo, intervistato da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress. Per affrontare il tema bisogna innanzitutto operare una distinzione: “Quando parliamo di ipoacusia vuol dire che sentiamo poco, quando invece parliamo di sordità vuol dire che capiamo poco: sono due fattori abbastanza differenti. Ci si rende conto di questo in età anziana: la prima cosa che si nota è il disagio che si prova quando si cerca di capire qualcosa senza comprenderlo, si sente che qualcuno parla senza capire tutto ciò che dice; questo di solito avviene in ambienti rumorosi come ristoranti e cinema. È un fenomeno in crescita, anche perché viene diagnosticato maggiormente: se si riesce a comprendere la sordità e identificarla prima questo ci permette di curarla meglio laddove, ad esempio, a novant’anni non si riesce più ad avere nessun effetto nemmeno con una protesi acustica. Vivere in un contesto esposto a così tanti rumori influisce, in particolare sotto due aspetti: rumori molesti e fattori che possono agire sull’aspetto cognitivo-comportamentale. Utilizzare troppo alcuni giochi o comunque forme di divertimento estremamente rumorose non danneggiano solo l’orecchio, ma anche il cervello: se la perdita o la dimenticanza di una parola si verifica più volte durante la visione di una trasmissione può essere un campanello d’allarme”.

Franzetti si sofferma poi sulla sordità nei bambini, che “si divide in due grandi famiglie: quella genetica, che oggi fortunatamente grazie all’obbligatorietà di uno screening audiologico neonatale permette di identificare entro il primo mese di vita un bambino sordo, mandando un’eco nell’orecchio e osservando se c’è una risposta allo stimolo inviato; quella progressiva, che è più insidiosa e al centro dell’attenzione di pediatri ed educatori in quanto rende più faticosa anche l’articolazione del linguaggio. Le sordità possono dipendere, fin dalla nascita, da infezioni come il citomegalovirus, otiti che si ripetono in maniera continuativa o meningiti: queste ultime possono manifestarsi in tutte le età; più facciamo fatica ad affrontare un’infezione, più il rischio della complicanza della sordità è alto”. Per quanto riguarda la diagnosi, aggiunge, “si parte dagli esami di base, i cosiddetti audiometrici, fino ad arrivare a una specie di elettroencefalogramma che va a studiare tutta la via acustica: di solito nel giro di due giorni si ha un quadro chiaro della situazione. Ascoltare musica permette la percezione fine e la concentrazione rispetto alla melodia, avendo dunque una chiara connessione tra orecchio e cervello: anche per chi fa fatica a sentire o viene impiantato uno degli esercizi che consiglio è proprio questo”. L’ultima riflessione di Franzetti riguarda i progressi compiuti sulla materia negli ultimi tempi: “Quando ho iniziato a fare l’otorino dicevo ai pazienti con sordità neurosensoriale ‘metti una protesi fin quando va’, adesso si affrontano forme di sordità anche complesse: è stata scoperta, ed è in fase sperimentale avanzata sia in Italia che in Europa, la possibilità di introdurre tramite un virus una modificazione genetica per i geni che causano la sordità, quindi i bambini che sono già entrati in questa fase nel giro di 8-12 mesi riprendono l’udito laddove la cellula nervosa non era in grado di darlo”. 

– foto tratta da video Medicina Top –

(ITALPRESS).