BRUXELLES (BELGIO) (ITALPRESS) – “La dichiarazione di Netanyahu indebolisce il negoziato perché afferma che anche un’eventuale concessione di Hamas non modificherebbe la traiettoria militare israeliana”. Così l’ambasciatore Ettore Francesco Sequi, già segretario generale della Farnesina, risponde all’Italpress che gli ha chiesto di commentare quanto affermato da Benjamin Netanyahu a Sky News Australia. Per il primo ministro Israele andrà avanti nelle operazioni militari pianificate a Gaza anche se Hamas dovesse accettare l’accordo.
“Israele vuole ottenere il completo rilascio di tutti gli ostaggi, ma nello stesso tempo vuole riservarsi la possibilità di riprendere le operazioni militari a Gaza anche allo scadere di una eventuale tregua – sottolinea Sequi nella sua analisi -. Hamas vuole invece ottenere la cessazione definitiva dei combattimenti e mantenere una parte degli ostaggi come assicurazione sulla vita e garanzia di deterrenza a una possibile ripresa delle operazioni israeliane allo scadere di una tregua. Il messaggio è chiaro: Israele non mira a una tregua negoziata alle condizioni proposte dai negoziatori ma a una vittoria totale, pur aumentando il rischio per la sorte degli ostaggi. Desta grandissime preoccupazione l’impatto umanitario di questa nuova operazione militare in una situazione già catastrofica per gli abitanti di Gaza”.
Secondo il diplomatico “il messaggio politico più forte, tuttavia, va oltre Gaza: le recenti decisioni sugli insediamenti in Cisgiordania, unite alle dichiarazioni degli alleati di estrema destra del premier, segnano la volontà di Israele di chiudere la porta a uno Stato palestinese. Le operazioni a Gaza, la prosecuzione degli insediamenti in Cisgiordania e la radicalizzazione del discorso politico formano un quadro coerente – conclude Sequi -: il governo israeliano tenta di mettere una pietra tombale sull’idea dei due Stati, sostituendola con una realtà permanente di controllo e frammentazione. In questo scenario, la soluzione negoziale non si avvicina: si allontana”.
Sull’Ucraina “il negoziato resta bloccato perché i due nodi centrali – i territori e le garanzie di sicurezza – non hanno ancora trovato un punto di contatto”, ha dichiarato Sequi, già segretario generale della Farnesina.
“Per Kiev non è pensabile rinunciare a territori senza ricevere in cambio garanzie assolutamente vincolanti, chiare e irreversibili contro nuove aggressioni russe – prosegue -. Più dolorose le concessioni territoriali, più stringenti dovranno essere le protezioni. Se non si costruisce un sistema di garanzie effettivo e immediatamente operativo, ogni intesa rischia di diventare soltanto una tregua illusoria, preludio a un conflitto ancora più vasto. Mosca, al contrario, insiste perché queste garanzie restino condizionate dal suo consenso. Come già nelle trattative a Istanbul nel marzo-aprile 2022, il Cremlino mira a conservare un potere di veto o di condizionamento che trasformerebbe qualsiasi schema di sicurezza in uno strumento fragile, manipolabile e quindi inutile. Accettare tali pretese significherebbe per Kiev consegnarsi a una vulnerabilità permanente”.
Per Sequi “con la prospettiva dell’ingresso nella NATO ormai svanita, l’Ucraina ha davanti a sé una sola via: ottenere una forma alternativa di deterrenza credibile, sostenuta da garanzie occidentali tangibili. Non si tratta di promesse generiche, ma di strumenti concreti: impegno militare alleato, accordi scritti e immediatamente esecutivi, meccanismi automatici di intervento in caso di violazione. Solo un sistema di difesa così robusto, unito a un rafforzamento delle capacità militari ucraine, può rendere compatibili eventuali rinunce territoriali con la sopravvivenza stessa dello Stato ucraino – conclude l’ambasciatore -. Ecco perché la situazione appare ferma: finché non nascerà un equilibrio tra eventuali compromessi territoriali e garanzie di sicurezza solide, verificabili e irreversibili, ogni tavolo di negoziato resterà non la via d’uscita dal conflitto, ma l’anticamera di una nuova guerra. In altre parole, o si costruisce un sistema di protezione irreversibile, oppure ogni compromesso sarà solo l’anticamera della prossima aggressione”.
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